lunedì 1 dicembre 2014

... da I DIECI COMANDAMENTI ...


10) Sempre pronto ad una nuova idea e ad un antico Vino. B.Brecht

Di certo se volete davvero diventare Chef, oppure anche solo offrire una cena in stile Babette ai vostri amici almeno una volta nella vita, dovete necessariamente attraversare il PIANETA VINO, anche se un giorno o l’altro però attraverseremo insieme anche il pianeta birra.
Qualsiasi sia il vostro livello attuale di conoscenza di questo misterioso pianeta, c’è una cosa che dovrete tenere sempre presente:

Il connubio perfetto cibo-vino NON ESISTE!

L’affermazione di cui sopra, prescinde dal cibo, ma facciamo alcuni esempi per meglio chiarire.
Troverete sommelier di nota fama affermare che:

il Pecorino stagionato di Pienza, quello con la crosta nerastra per intenderci (per favorire l’invecchiamento si strofinano le forme con olio e nerofumo facendo in modo che non si asciughi troppo durante la stagionatura) raggiunge l’apogeo degustativo se abbinato al Sagrantino di Montefalco Riserva 25 anni di Arnaldo Caprai, oppure ad un Brunello di Montalcino Poggio Alle Mura di Castello Banfi;

oppure che:

i maccheroni al Ragù Napoletano, quello del “Comandamento n.9” cotto a bassissima temperatura in 4 giorni o in 6 ore  che sia, si equilibra perfettamente con un Amarone della Valpolicella classico di Massimo Venturini, oppure con un Castel del Monte Rosso Riserva Il Falcone di Rivera;

oppure che:

le seppie imbottite di zucchine e crema di sedano rapa si sposano in maniera eccellente con Sensus Pallagrello Nero Terre del Volturno di La Masserie, oppure Vermentino Sarticola DOC Colli di Luni di Ottaviano Lambruschi.

Ma in realtà la scelta del Vino in abbinamento al Piatto che avete preparato, dipende esclusivamente da come voi sentite nella vostra mente il gusto della pietanza e dalla vostra personalissima esperienza diretta con i vini.

Insomma ci sono delle linee guida da seguire, che troverete frequentando corsi o leggendo guide, ma il primo, primissimo passo nell’accostamento del cibo al vino, è la vostra capacità sensoriale di comprendere il vostro piatto.

Insomma per “sentire” un abbinamento dovete prima comprendere profondamente il cibo che avete preparato, e non parlo solo dei 4 punti cardinali del gusto, dolcezza, sapidità, amarezza e acidità, perché fin qui ci pensa madre natura a “geolocalizzare” la percezione distribuendo opportunamente le papille gustative sulla nostra lingua.

Sto parlando di sensazioni che spesso non sono nette, ma sono delle “tendenze”, oppure sono nette, ma troppo coprenti, come la sensazione di Speziatura ad esempio, quella che può dare un Riso Byriani Pakistano o uno Strudel con troppa cannella del Trentino, tanto per rimanere dalle nostre parti!

Oppure sensazioni come l’Aromaticità, ad esempio quella che può dare un buon prosciutto di Belota spagnolo, oppure come quella sprigionata da un cannolo di pane fritto con farcia di spigola caprino e dragoncello.

Oppure parliamo di sensazioni tattili, come l’Untuosità, il fatto è che mentre è più semplice comprenderla in una bruschetta, o in una amatriciana, voi dovrete essere in grado di percepirla anche da ciò che viene fuori dalla vostra Tajine di Coniglio e verdure, oppure dai vostri involtini di foglie di vite con riso e carne e salsa all’aneto.

Così come dovrete percepire la Grassezza non solo dalla sensazione di morbidezza e dolcezza del Casatiello napoletano che il vostro collega di Torre del Greco vi ha preparato, ma anche dopo aver addentato un pezzo di anatra alle mele, o dell’omelette con le uova di tacchino che vi siete preparati in un impeto di fame notturna!

E quando sarete pronti a percepire l’insilato (foraggio) delle Bufale da un boccone dato ad una mozzarella di Bufala di Agropoli, oppure l’affinatura a legno, pietra e fiori di malga del Lagorai,  allora avrete raggiunto il concetto di Persistenza gusto-olfattiva che vi è necessaria.

La vostra capacità percettiva complessa, dovrebbe a questo punto consentirvi un giudizio complessivo sul piatto chiamato Struttura, la cui definizione non è on-off, come spesso le guide e la letteratura ci indica, quindi grande attenzione soprattutto per la valutazione di un piatto a Media Struttura, perché è sufficiente che un ingrediente abbia una forte caratterizzazione per diventare Strutturato.
Ad esempio un risotto mantecato normalmente definito mediamente strutturato, diventa un piatto Strutturato, magari semplicemente perché lo avete mantecato con la Toma della Val di Susa stagionata 6 mesi.

E’ esattamente da qui che deve partire il vostro viaggio nel pianeta Vino, avete un unico percorso da seguire, ossia trovare l’equilibrio tra contrasto e analogia.

Adesso che sapete analizzare i piatti che preparate, potrete prediligere il contrasto, ma sempre senza perdere un filo di analogia con il vostro piatto, oppure potrete seguire le fila del discorso del vostro splendido piatto, ma se non contrastate mai non otterrete quel pizzico di esaltazione che rende sublime quello che avete cucinato.

Qual’è l’equilibrio perfetto? L’equilibrio perfetto non esiste, perché l’abbinamento è una personale interpretazione e quindi non può essere univoco!

Faccio un esempio paradossale ben comprensibile da chi gioca a poker: il punto più alto al gioco del Poker non è la Scala Reale Massima, perché è battuta dalla Scala Reale Minima, la quale a sua volta è battuta da una Scala Reale Media.

Ossia la scelta del vino dipende dalle “carte” che sono sulla tavola, ma spesso il gioco non è vinto dal giocatore con le carte migliori, ma solo dal più audace.

E’ facile fare un grande abbinamento con un grande vino della Valpolicella o uno dei suberbi Toscani, ma chi dice che invece ad abbinarsi meglio alla vostra Crepe con Farina di castagne con Calamari e Toma di Maccagno non sia in realtà un Merlot Cabernet Colle del Turchetto di Dino Limiti?


Il dubbio non è Amletico, ma ora vi lascio, “CIN CIN” cari lettori.