... da I DIECI COMANDAMENTI ...
10) Sempre pronto ad una nuova idea e ad un antico Vino. B.Brecht
Di certo se volete davvero diventare Chef, oppure anche solo offrire una
cena in stile Babette ai vostri amici almeno una volta nella vita, dovete
necessariamente attraversare il PIANETA VINO, anche se un giorno o
l’altro però attraverseremo insieme anche il pianeta birra.
Qualsiasi sia il vostro livello attuale di conoscenza di questo misterioso
pianeta, c’è una cosa che dovrete tenere sempre presente:
Il connubio perfetto cibo-vino NON ESISTE!
L’affermazione di cui sopra, prescinde dal cibo, ma facciamo alcuni esempi
per meglio chiarire.
Troverete sommelier di nota fama affermare che:
il Pecorino stagionato di Pienza,
quello con la crosta nerastra per intenderci (per favorire l’invecchiamento si
strofinano le forme con olio e nerofumo facendo in modo che non si asciughi
troppo durante la stagionatura) raggiunge l’apogeo degustativo se abbinato al
Sagrantino di Montefalco Riserva 25 anni di Arnaldo Caprai, oppure ad un
Brunello di Montalcino Poggio Alle Mura di Castello Banfi;
oppure che:
i maccheroni al Ragù
Napoletano, quello del “Comandamento n.9” cotto a bassissima temperatura in 4
giorni o in 6 ore che sia, si equilibra
perfettamente con un Amarone della Valpolicella classico di Massimo Venturini,
oppure con un Castel del Monte Rosso Riserva Il Falcone di Rivera;
oppure che:
le seppie imbottite di
zucchine e crema di sedano rapa si sposano in maniera eccellente con Sensus
Pallagrello Nero Terre del Volturno di La Masserie, oppure Vermentino Sarticola
DOC Colli di Luni di Ottaviano Lambruschi.
Ma in realtà la scelta del
Vino in abbinamento al Piatto che avete preparato, dipende esclusivamente da
come voi sentite nella vostra mente il gusto della pietanza e dalla vostra
personalissima esperienza diretta con i vini.
Insomma ci sono delle linee
guida da seguire, che troverete frequentando corsi o leggendo guide, ma il
primo, primissimo passo nell’accostamento del cibo al vino, è la vostra
capacità sensoriale di comprendere il vostro piatto.
Insomma per “sentire” un
abbinamento dovete prima comprendere profondamente il cibo che avete preparato,
e non parlo solo dei 4 punti cardinali del gusto, dolcezza, sapidità, amarezza
e acidità, perché fin qui ci pensa madre natura a “geolocalizzare” la
percezione distribuendo opportunamente le papille gustative sulla nostra
lingua.
Sto parlando di sensazioni che
spesso non sono nette, ma sono delle “tendenze”, oppure sono nette, ma troppo
coprenti, come la sensazione di Speziatura
ad esempio, quella che può dare un Riso Byriani Pakistano o uno Strudel con
troppa cannella del Trentino, tanto per rimanere dalle nostre parti!
Oppure sensazioni come l’Aromaticità, ad esempio quella che può
dare un buon prosciutto di Belota spagnolo, oppure come quella sprigionata da
un cannolo di pane fritto con farcia di spigola caprino e dragoncello.
Oppure parliamo di sensazioni
tattili, come l’Untuosità, il fatto
è che mentre è più semplice comprenderla in una bruschetta, o in una
amatriciana, voi dovrete essere in grado di percepirla anche da ciò che viene
fuori dalla vostra Tajine di Coniglio e verdure, oppure dai vostri involtini di
foglie di vite con riso e carne e salsa all’aneto.
Così come dovrete percepire la
Grassezza non solo dalla sensazione
di morbidezza e dolcezza del Casatiello napoletano che il vostro collega di
Torre del Greco vi ha preparato, ma anche dopo aver addentato un pezzo di
anatra alle mele, o dell’omelette con le uova di tacchino che vi siete
preparati in un impeto di fame notturna!
E quando sarete pronti a
percepire l’insilato (foraggio) delle Bufale da un boccone dato ad una
mozzarella di Bufala di Agropoli, oppure l’affinatura a legno, pietra e fiori
di malga del Lagorai, allora avrete
raggiunto il concetto di Persistenza
gusto-olfattiva che vi è necessaria.
La vostra capacità percettiva
complessa, dovrebbe a questo punto consentirvi un giudizio complessivo sul
piatto chiamato Struttura, la cui
definizione non è on-off, come spesso le guide e la letteratura ci indica,
quindi grande attenzione soprattutto per la valutazione di un piatto a Media Struttura, perché è sufficiente
che un ingrediente abbia una forte caratterizzazione per diventare Strutturato.
Ad esempio un risotto
mantecato normalmente definito mediamente strutturato, diventa un piatto
Strutturato, magari semplicemente perché lo avete mantecato con la Toma della
Val di Susa stagionata 6 mesi.
E’ esattamente da qui che deve
partire il vostro viaggio nel pianeta Vino, avete un unico percorso da seguire,
ossia trovare l’equilibrio tra contrasto e analogia.
Adesso che sapete analizzare i
piatti che preparate, potrete prediligere il contrasto, ma sempre senza perdere
un filo di analogia con il vostro piatto, oppure potrete seguire le fila del
discorso del vostro splendido piatto, ma se non contrastate mai non otterrete
quel pizzico di esaltazione che rende sublime quello che avete cucinato.
Qual’è l’equilibrio perfetto? L’equilibrio perfetto non esiste, perché
l’abbinamento è una personale interpretazione e quindi non può essere univoco!
Faccio un esempio paradossale ben
comprensibile da chi gioca a poker: il punto più alto al gioco del Poker non è
la Scala Reale Massima, perché è battuta dalla Scala Reale Minima, la quale a
sua volta è battuta da una Scala Reale Media.
Ossia la scelta del vino
dipende dalle “carte” che sono sulla tavola, ma spesso il gioco non è vinto dal
giocatore con le carte migliori, ma solo dal più audace.
E’ facile fare un grande abbinamento con un grande vino della Valpolicella o uno dei suberbi Toscani, ma chi dice che invece ad abbinarsi meglio alla vostra Crepe con
Farina di castagne con Calamari e Toma di Maccagno non sia in realtà un Merlot Cabernet Colle del Turchetto di Dino Limiti?
Il dubbio non è Amletico, ma ora vi
lascio, “CIN CIN” cari lettori.